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ULISSE: “il mito” degli atleti


sport Rubriche

Appuntamento data: 11/01/2004, Grecia

Omero concluse l’Odissea con il ritorno di Ulisse ad Itaca , e la successiva vendetta sanguinaria , che lo restituirà alla vita familiare. Dante Alighieri nella Divina Commedia , affascinato dalla figura di questo straordinario eroe, iniziò la sua storia, nel Canto XXVI dell’Inferno, laddove Omero invece l’aveva conclusa. Ulisse e i suoi uomini, ormai vecchi e stanchi, ripartirono da Itaca per soddisfare il loro spirito: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza ” , oltrepassarono le colonne di Ercole , oltre le quali il mondo era sconosciuto, e perirono in un naufragio, scatenato dalla mano divina, nel bel mezzo dell’oceano Atlantico, e tutto ciò in vista del monte su cui aveva sede il Purgatorio. Quindi nella visione dantesca, Ulisse è colui che si è spinto, da uomo, oltre ogni limite, fino ad arrivare ai piedi della dimora di Dio (secondo l’Ulisse dantesco il Purgatorio è una montagna con il Paradiso sulla vetta e l’Inferno nel sottosuolo). Chiameremo (così come hanno fatto alcuni ricercatori americani ed israeliani) “Fattore Ulisse” l’archetipo comune a tutti gli atleti che si cimentano in sport particolarmente difficili e impegnativi. Perché Ulisse? Perché lui è il mito. “Egli è il fuoco primordiale”, l’amore per la ricerca assoluta, per il Viaggio, per la conoscenza anche al prezzo della vita. Lo sport è questo. È soprattutto l’Ulisse dantesco che ci affascina, in misura molto più profonda dell’Ulisse omerico. Quotidianità, vivere alla giornata, routine. Meglio un uovo oggi che una gallina domani; si potrebbe vivere di queste parole, di questi modi di dire, ma non è nell’ indole umana. Dall’esigenza dell’uomo di dominare il mondo, per motivare la limitazione della vita, deriva la necessità di svelare e impossessarsi dei segreti della natura; così definirei lo sportivo "animale del mondo", poiché esercita il suo dominio rispetto a ciò che lo circonda. E quindi, perché non cercare la risposta al nostro turbamento, con attività che ci portano a vivere a pelle sensazioni primordiali, che la tecnologia ha sostituito con una perfezione che illude l’intelletto ma non sazia lo spirito? Oggi lo sport, o è affari, o è dimagrimento. Ad una prima sommaria riflessione, sono le sole e uniche motivazioni, che spingono l’individuo a diventare uno sportivo. I giornali, la televisione, la cosiddetta cultura povera e politica, fanno di tutto per relegare, descrivere, pubblicizzare e ridurre gli sport alle stupide motivazioni sopra descritte. Attraverso alcuni articoli, il cui tema portante è: “quando lo sport è filosofia e cultura”, tracceremo (cercando in un mondo reale, sempre esistito ma poco considerato), le motivazioni, i coinvolgimenti, per mezzo dei quali gli sport individuali vivono e si realizzano. È un tentativo di manifestare approvazione e dare giustificazione a quei pazzi, che da soli (quindi regredendo dalla loro socialità, ma solo apparentemente), affrontano fisicamente ma soprattutto psicologicamente, attività troppo spesso considerate folli. Con la scusa di raccontare di alcuni sport estremi, cercheremo di porre in evidenza gli aspetti culturali, scientifici, psicologici, ma soprattutto mitologici, con lo scopo di trascinare i fruitori degli stessi, dalla bolgia dei pazzi, a quella degli illuminati. Così come Ulisse è arrivato ai piedi del Purgatorio, Colombo ha scoperto l’America… un atleta corre la sua prima maratona solamente per sentire, sapere cosa accade nel corpo e nella mente, dopo 40 chilometri di corsa… così è stato fatto il mondo. Gli altri, gli iperspecializzati dei “grandi guadagni” o del “dimagrimento per il benessere fisico”, sanno godere e sfruttare nel migliore dei modi, tutto quello che invece… tanti piccoli Ulisse hanno "creato".


Di: G.La Rovere

Pubblicato il: 11/01/2004 da Gabriele La Rovere

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