cinema Drammatico
Genova
Al telefono è il Beppe cordiale di sempre; un toscano che sta a Roma da trent'anni e che conferma che sta terminando il montaggio e il doppiaggio del film su Guido Rossa, "Guido che sfidò le Brigate Rosse", il sindacalista comunista della CGIL, che fu ucciso dalle Brigate Rosse a Genova il 24 Gennaio 1979.
Rossa aveva avuto il coraggio di denunciare un operaio che faceva il postino delle BR e distribuiva i volantini con la stella a cinque punte nelle fabbriche. Pagò caro questo suo atto coraggioso: un commando della colonna genovese delle BR, con a capo Riccardo Dura, lo uccise la mattina presto mentre stava per recarsi in fabbrica a lavorare. Fu drammatico anche lo svolgersi dell'attacco: Rossa era stato colpito dalle prime raffiche di mitra alle gambe e sperava in un gesto dimostrativo, invece il capo del commando, Dura, si avvicinò al finestrino della sua auto per finirlo con un colpo al cuore.
Lo sdegno del Paese fu grande e Rossa divenne il simbolo del coraggio di opporsi al terrorismo, di stroncare sul nascere la simpatia che le BR riscuotevano in alcune frange della classe operaia.
Il suo sacrificio dimostrò che le BR volevano solo la destabilizzazione dello stato ed erano contro la classe operaia. A Guido Rossa sono state dedicate in questi anni vie e piazze d'Italia. L'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini gli conferì la medaglia d'oro al valor civile alla memoria.
Nel film di Beppe Ferrara Guido Rossa è interpretato da Massimo Ghini, mentre Gian Marco Tognazzi interpreta Dura, il capo delle Brigate Rosse. Nel cast troviamo inoltre Anna Galiena che impersona Silvia, la moglie di Rossa. Mattia Sbragia interpreta Moretti, la mente delle BR e Elvira Giannini è Fulvia Miglietta, la brigatista compagna di Dura. Il film, che ha per produttore Carmine De Benedittis per la Pianeta Spettacolo, è stato girato interamente a Genova sui luoghi veri dove Rossa ha vissuto e dove è stato ucciso, in nome di quel "realismo" tanto caro al regista di Castelfiorentino. Anche la famiglia Rossa è stata coinvolta: la figlia Sabina ha dato il consenso al film e ha dato importanti suggerimenti a Ferrara per ricostruire la personalità di suo padre.
Il film, che si annuncia come un cult, capace di bissare il grande successo di Ferrara con "Il caso Moro", uscirà il prossimo anno in occasione delle celebrazioni per il secolo della C.G.I.L.
Cineracconto dalla sceneggiatura di Giuseppe Ferrara, con la collaborazione di Heidrun Schleef e Daniele Aliprandi
Guido che sfidò le Brigate Rosse
Seconda metà degli anni Settanta, Guido Rossa,operaio sindacalista iscritto alla CGIL e al Partito Comunista Italiano lavora all'Italsider di Genova. Abita con la moglie Silvia e la figlia Sabina nel centro storico della
città. Sono anni difficili per gli operai in fabbrica, è un periodo di grandi sacrifici, in un momento storico in cui il terrorismo sferra la sua più feroce offensiva: cade sotto i colpi dei brigatisti il Procuratore di Genova Francesco Coco, il nipote dell'armatore Costa, Piero, viene sequestrato per avere un ricco riscatto con il quale finanziare la lotta armata.
Il Partito Comunista Italiano e il Sindacato cercano di difendere le fabbriche dalle sirene propagandistiche delle Brigate Rosse. L'Ing. Castellano, dirigente dell'Ansaldo di Genova, iscritto al P.C.I., viene gambizzato dai brigatisti della colonna genovese, con a capo Roberto Dura, braccio destro del capo delle B.R. , Mario Moretti. Dura e gli altri brigastisti hanno aperto un covo nel centro storico a poche decine di metri da Via Ischia, n.4 dove vive Guido Rossa. Il film è un confronto di vite, quella di Rossa e quella di Dura e gli altri brigatisti: si pone la domanda sul perchè Rossa fu ucciso da Dura, nonostante la decisione presa era quella di solo gambizzarlo: in più ancora oggi si cerca di capire come sia stato possibile che la colonna genovese delle Br abbia vissuto per anni in un appartamento a pochi metri dalla casa dell'eroico operaio.
Il film mostra che Rossa è un provetto alpinista,(nella locandina provvisoria lo si vede che scala una parete rocciosa), nel 1963 ha fatto parte di una spedizione internazionale sull'Himalaya, ed è tutt'ora un grande appassionato che nel tempo libero va a fare le scalate.
Di questa sua passione ne è rimasta una prova tangibile in una lettera scritta ad un caro amico d'infanzia, dove Rossa in sostanza dice che pur belle e silenziose le montagne,che lui ama tanto, non possono distoglierlo dall'impegno nella vita civile, per migliorare una società non giusta, "Un mondo, scrive Rossa", dove un abitante su tre vive in uno stato di fame cronica, due su tre sono sottoalimentati e dove su sessanta milioni di morti all'anno, quaranta muoiono di fame."
La figlia Sabina, nata nel 1964, non è la prima figlia dei Rossa: la coppia, infatti, aveva avuto anni prima un altro figlio, Fabio, che morì per una crisi respiratoria dentro l'ambulanza rimasta imbottigliata in una strada del centro di Genova.
E' una delle scene più toccanti del film, quando Guido (Massimo Ghini) scende dall'ambulanza e cerca di aprire un varco tra le auto in colonna; la madre ( Anna Galiena) scende urlando dall'ambulanza a Guido che il figlio non respira più. Rossa rimarrà molto provato da quella esperienza e da allora sarà sempre vicino ai bambini, sarà uno che si mette spesso a giocare con loro.
Siamo nel 1977 e le Brigate Rosse continuano a tramare in silenzio: Moretti a Roma prepara il sequestro di Aldo Moro. Guido, con altri suoi compagni metalmeccanici, viene chiamato a Roma a fare il servizio d'ordine durante un comizio del leader sindacale Luciano Lama. Un gruppo di autonomia operaia attacca il palco dove sta parlando Lama tirando pietre. Rossa coraggiosamente non arretra ma resiste al suo posto schivando le pietre. Un suo compagno gli domanda come fa a tenere il sangue freddo in quel modo e Guido risponde che lo ha imparato dalla dura pratica dell'alpinismo.
Rossa è anche un esperto fotografo e organizza una mostra di foto su temi sociali nel circolo aziendale, Sabina, la figlia, lo aiuta ad attaccare le foto. Durante un'assemblea sindacale in fabbrica molti operai ripetono sui brigatisti uno slogan uscito su Lotta Continua: sono "compagni che sbagliano". Rossa,risentito, risponde che non sono compagni per niente. Fra gli operai si distingue uno un pò particolare, Berardi, che cita di continuo l'operato di Mao Tse Tung. Lo stesso Berardi contattato da emissari delle BR, accetta di fare il postino dentro la fabbrica per loro, e porta dei volantini delle Br dentro la fabbrica che inneggiano alla lotta armata e alla denigrazione degli operai "berlingueriani" perché, secondo loro, asserviti ai padroni. Rossa scopre i volantini e riconosce Berardi come il "postino" e porta la discussione in un Consiglio di fabbrica dove si confrontano varie posizioni; da quelle più morbide che propongono "lo schiaffone", a quelle più dure, come quella di Rossa, che sostiene che Berardi va denunciato perchè dietro di lui ci sono le BR. " Di qua non si passa" ripete Rossa che alla fine si troverà solo a firmare la denuncia contro Berardi, che sarà processato per direttissima e condannato a quattro mesi di religione. "Quando le cose si devono fare, si fanno", ripete Rossa a chi gli chiede perché solo lui ha denunciato Berardi. Ma questo gesto coraggioso sarà anche la sua condanna, perché le BR genovesi, guidate da Roberto Dura (nel film Giammarco Tognazzi) decidono di vendicare Berardi. Si comincia con dei volantini in fabbrica dove si denigra il "ruolo controrivoluzionario dei berlingueriani" e un altro più minaccioso, che farà molto rumore in fabbrica dove le BR annuinciano che lo scontro con i "riformisti berlingueriani" sarebbe passato dal piano politico a quello militare.
La vita per Guido Rossa diventa molto difficile: a casa cominciano le telefonate minacciose, la moglie e la figlia sono preoccupate. La moglie Silvia dice a Guido che ha paura, ma Guido dice che non si farà intimorire: ha già avvisato la polizia che prenderà una pistola e che d'ora in avanti andrà al lavoro con la sua Fiat 850. Le BR durante una riunione decidono di gambizzare Rossa per dare l'esempio ad una "spia dei padroni" e danno l'incarico alla colonna Genovese comandata da Dura di eseguirlo. Alla Italsider gli operai con a capo Gabbi, grande amico di Rossa, sono preoccupati per la sua incolumità, gli dicono di farsi dare la scorta dalla polizia, di andare via da Genova per qualche mese, di cambiare lavoro, ma Guido è irremovibile, non si farà piegare dalla paura e dalle Brigate Rosse, il suo carattere forte viene fuori con forza. I compagni insistono ma non ce nulla da fare.
Sul muro di cinta dell'Italsider di Genova compare la scritta " Rossa Spia" con accanto la stella a cinque punte. I brigatisti decidono che sarà all'alba del 24 gennaio 1979 che gambizzeranno Rossa aspettandolo vicino a casa mentre va al lavoro.
La sera del 23 Guido è in casa e cerca di rassicurare la moglie, anche se prima con la pistola in tasca per poco non spara ad un ragazzo, per quel motivo decide di lasciarla a casa dall'indomani e questo per lui sarà fatale. Guido domanda alla figlia come va a scuola e che materie ha l'indomani e Sabina gli dice che avrà il compito in classe.
I brigatisti preparano le armi e si nascondono in un furgone parcheggiato sulla strada dietro la sua 850, rompono la lampada del lampione facendo piombare il luogo nel buio.
Rossa intanto si corica a letto e rimane in silenzio. Alle 6 si alza e si prepara la colazione, la moglie gli dice di buttare il sacco della spazzatura.
Rossa esce di casa alle 6.30 e si dirige verso Via Fracchia dove ha parcheggiato la macchina, getta la spazzatura nel bidone e apre lo sportello della macchina, ma nel frattempo dal furgone escono i brigatisti che lo chiamano per nome e cominciano a sparare.
Gagliardo lo ferisce alle gambe, Rossa si butta dentro la macchina, pensa che sia finita, ma il capo del commando, Dura, contravvendendo a quanto stabilito, torna indietro, pistola in mano, contro Rossa che si chiude in macchina.
Dura rompe il vetro e lo fredda con un colpo al petto. Poi scappa con gli altri, il covo è a poche decine di metri, è facile per loro sparire nel nulla. Rossa muore all'istante con il capo riverso in avanti sul volante. Qualche minuto dopo la figlia Sabina passa lì davanti per andare a scuola, ma non si accorge del padre morto perché è buio, saranno due spazzini che vedendo i vetri in terra scorgeranno il corpo senza vita di Rossa.
Giungono le ambulanze e le forze dell'ordine. La moglie Silvia, avvertita da una vicina, corre a vedere il marito ma non c'è più nulla da fare, si dispera chiamandolo per nome. La figlia Sabina, avvertita a scuola, piange a dirotto seduta su un muretto. Le BR nel frattempo rivendicano l'omicidio di Guido Rossa con una telefonata ai giornali: "Questa mattina alle sei e quaranta abbiamo sparato a Guido Rossa, spia dell'Italsider".
Le fabbriche si fermano e si formano spontaneamente cortei di protesta, la notizia viene proposta nei telegiornali nazionali, l'impressione, ovunque, è enorme.
Viene allestita la camera ardente nel teatro cral dell'Italsider, migliaia di persone vogliono rendere omaggio al coraggioso operaio, a colui che "ha sfidato del Brigate Rosse".
Tra le tante testimonianze di cittadini e autorità è toccante quella del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che rende omaggio alla salma, e gli pone su un cuscino la medaglia d'oro al valor civile. Dice Pertini: "Gli operai hanno compreso la necessità di difendere a tutti i costi questa Repubblica. C'è costata venti anni di lotta antifascista, di sacrifici, di morti. Non c'è stata regalata e va difesa a tutti costi".
Piove su Genova per i funerali ma le persone, migliaia e migliaia, giunte da varie parti d'Italia, sembrano non accorgersene. Piazza De Ferrari, dove si tiene la commemorazione ufficiale, non basta a contenere tutta quella moltitudine di gente che affolla anche le vie vicine. Dopo il Sindaco Cerofolini, parla Luciano Lama, Segretario generale della CGIL.
"Dopo questo delitto tutto è più chiaro, il vero bersaglio delle BR è il movimento dei lavoratori, perché costituisce il nocciolo più duro della resistenza democratica. Di fronte al compagno Rossa ucciso, noi tutti, cittadini democratici, facciamo giuramento solenne di combattere fino in fondo per la difesa della democrazia.
La classe operaia non si fa giustizia da sé, ma esige giustizia!" Dalla fine del 1979 comincia la dissoluzione della colonna brigatista genovese. Il 28 Marzo 1980 i carabinieri del Generale Dalla Chiesa assaliranno il covo Br di Genova e uccideranno Roberto Dura. Le Brigate Rosse nel loro tragico percorso hanno ucciso 419 persone e hanno contribuito allo spostamento a destra del Paese.
Di: di Massimo Palazzeschi
Fonte: di Massimo Palazzeschi
Pubblicato il: 01/01/2006 da Massimo Palazzeschi