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Gli anni Sessanta segnano l’esordio del western di Sergio Leone con “Per un pugno di dollari” del 1964.
C’è qui l’invenzione pura di un genere che non ha nessuna radice. Che, però, partendo dall’Italia, riesce a conquistare il mondo, oscurando addirittura il genere originale americano. E’ questo uno di quei fenomeni che solo un cinema come quello italiano, composto di folli e creativi, poteva produrre. In più Leone lancia due attori di sicuro avvenire come Clint Eastwood e Gian Maria Volonté. Il suo cinema, di puro artificio, non ha rapporto con nulla: è manierista forse perché è la maniera del western americano trasferita in un paese dove il western non c’era. L’idea di “Per un pugno di dollari” nasce da un film di Kurosawa, ed è qui l’incredibile, perché del cinema giapponese in Leone non c’è nulla. Pure questo film come tanti altri è una fiaba; il cattivo che irrompe di colpo in un mondo e provoca l’esplosione dei sentimenti più biechi, più brutali, questo è stato il tema dominante di tutti i film di Sergio Leone. Forse al fondo della tematica si può scoprire delle affinità fra questo genere e la situazione del cinema italiano perché, bene o male, Leone esprimeva un suo rifiuto, mettendo in risalto l’aspetto bieco, brutale dei personaggi. Lui era figlio del suo tempo, anche tutto questo non aveva rapporto con la cultura del cinema italiano che era o “telefoni bianchi”, commediole insipide, o neorealismo come grande tentativo di riscatto, di una moralità nuova, di un modo diverso di guardare il mondo. Leone è cinico, brutale, violento, non ha nessuna paura di dire le cose come pensa che stiano, non ha paura di esporsi davanti alla critica che l’ha trattato malissimo, nonostante il successo mondiale dei suoi film.
a cura di Massimo Palazzeschi.
Di: Massimo Palazzeschi
Fonte: Http://www.italica.rai.it/
Pubblicato il: 21/06/2010 da Massimo Palazzeschi